Monster Study 2.0

Le sembrava un giorno come gli altri. In realtà, ogni giorno somigliava al precedente, e al successivo. Solo che il sole sorgeva un po’ prima e tramontava un po’ dopo. Non che questo facesse una gran differenza. La sveglia suonava sempre alle sette e la luce veniva spenta alle dieci. Erano anni che non vedeva un’alba o un tramonto che non fossero quelli dello screensaver, anni che non usciva all’aria aperta, da quando era bambina e sua madre le ripeteva che uscire le faceva bene, era tutta salute. Questo però era prima.
Prima dell’incidente, prima della guerra batteriologica, prima del St. James Institute.
Si sentiva al sicuro nella scuola, protetta tra le quattro mura della sua stanza. Era la sua casa, tutto il suo mondo.
Sulla scrivania, un PC di ultima generazione era il suo collegamento con l’esterno. Seguiva le lezioni in streaming. Svolgeva ricerche e scriveva temi. Conosceva i suoi compagni di corso attraverso la videochat. Non si erano mai visti di persona, ma conosceva il loro aspetto fisico, il suono della loro voce, i loro piccoli tic.
Gli unici esseri umani con cui aveva uno sporadico contatto fisico erano i medici, che parlavano a monosillabi dentro i loro scafandri, non sembravano neanche persone. Per quanto li odiasse, non erano loro il nemico. Era lei quella sbagliata. Il nemico, subdolo e silente, si nascondeva dentro di lei. Pronto a colpire. In ogni momento. Senza preavviso.
Condivideva il suo destino con gli altri allievi del St. James, i pochi superstiti della guerra batteriologica, isolati gli uni dagli altri per la loro sicurezza, per controllare la malattia. Quei ragazzi erano più di semplici compagni di scuola. Nessuno di loro aveva più una casa o una famiglia. Chiacchieravano per ore in videochat, rendendo meno monotoni quei giorni tutti uguali e questo le bastava. Le era sempre bastato.
Il suono di un nuovo messaggio quel pomeriggio aveva cambiato il suo umore. Era Jimmy. Quando chattavano il tempo passava sempre troppo in fretta, quasi non si accorgevano della luce che si spegneva alle dieci e aspettavano almeno il terzo rimprovero prima di darsi la buonanotte e spegnere il PC.
Sapeva cosa stava succedendo. Si era presa una cotta. Sapeva anche che era sbagliato, per diversi motivi. Non erano permessi incontri tra studenti al St. James e nessuno usciva dall’Istituto. Qualsiasi contatto umano comportava la morte. Il contatto virtuale era l’unica cosa che potevano avere.
Non sapeva però che ciò che le avrebbe rivelato Jimmy quel giorno avrebbe demolito tutto ciò in cui credeva.

Era contento che gli avessero assegnato quel compito. Ellie era carina, senza dubbio una delle ragazze più belle del St. James. Era simpatica e intelligente, chiacchierare con lei era piacevole. Non doveva fingere, poteva essere se stesso, e veniva persino pagato per farlo.  
Non era la prima ragazza che ingannava. Aveva dimenticato la maggior parte dei loro nomi e avrebbe dimenticato anche Ellie. Un’altra ragazza avrebbe occupato le sue giornate e i suoi pensieri.
Ma lei lo avrebbe dimenticato?
Jimmy era abbastanza intelligente da capire che Ellie avrebbe fatto di tutto per non pensare a lui o al St. James, ma non ci sarebbe riuscita. Una parte di lei l’avrebbe odiato. Avrebbe odiato tutti loro.

Si trattava di un cambiamento quasi impercettibile. Ellie passava più tempo davanti all’armadio per scegliere che vestito indossare, e davanti allo specchio, mentre si spazzolava i capelli. Prima di sedersi davanti al PC, si passava sempre un velo di lucidalabbra. Era vanitosa. Per quanto potesse esserlo una ragazza in isolamento.
Jimmy le piaceva. Come previsto.
Erano ragazzi, non topolini da laboratorio. I topolini non provavano sentimenti come gli esseri umani e quello era il cardine dell’esperimento.
Si può mettere a repentaglio la propria vita, le proprie convinzioni per amore, per un semplice contatto umano? Mentre osservava Ellie, attraverso la telecamera a circuito chiuso,  giocare con una ciocca di capelli, la dottoressa Stevens conosceva già la risposta.

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